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LA FARFALA SUCULLO
C’è uno spettacolo che racconta di uno zingaro…
PER ADULTI e SCUOLA SECONDARIA
Produzione: TeatroGruppo Popolare
Testo e regia: Giuseppe Adduci
Con: Giuseppe Adduci e Sulutumana
Canzoni: Sulutumana
Premio di drammaturgia Teatro e Shoà 2007
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Centro Romano di Studi sull’Ebraismo (CeRSE)
Corso di laurea in storia, scienze e tecniche della musica e dello spettacolo
E.T.I.C.A – Ebraico Teatro Internazionale Cultura Arte
Sono stati proclamati vincitori, al primo posto: Giuseppe Adduci con “La farfala sucullo”
per il merito di aver descritto attraverso un linguaggio inventato, ricercato, struggente, la vita nei lager di un bambino rom torturato da Mengele; linguaggio che immette nell’azione teatrale toni di poesia per narrare delle umanità negate. Sempre sul filo di una incapacità a comprendere l’inaudita logica delle atrocità, così come ciechi erano gli occhi della sua amata giovane ebrea fissi su di un filo spinato. “La farfala sucullo” si presenta, pur nella sua stringatezza di monologo, ricco di spunti sia sul tema della shoà che del teatro vissuti entrambi dal vecchio protagonista rom.
C’è uno spettacolo che racconta di uno zingaro. Oggi che gli zingari vengono più che mai dileggiati. E’ uno spettacolo che parla di campi di concentramento. Oggi che si vuole negare persino la memoria di quei momenti bui. C’è uno spettacolo che grida il suo stupore.
C’è una domanda. Ha salvato più bambini rumeni un teatrante che li ha strappati dalle fogne di Bucarest o quali altri enti? C’è una seconda domanda: è più forte il teatro o la repressione? Le domande sono retoriche, le risposte no.
Durante un rastrellamento in un campo di nomadi un ragazzo zingaro viene salvato dalla madre che lo affida a un medico nazista, mettendolo al suo servizio e prospettando al medico la possibilità di fare su di lui – zoppo – esperimenti che gli consentano la notorietà. Il medico lo porta con sé, di là della rete di un lager in cui sono racchiusi migliaia di ebrei.
Il ragazzo ha la capacità di fare racconti in grado di affascinare chiunque. Perseguitati e aguzzini vengono richiamati intorno alle sue narrazioni con la stessa intensità, in una sorta di sospensione del tempo.
Tra gli ebrei c’è un bambino che fungerà da tramite tra lo zingaro e Miriam, anch’essa internata, di cui lo zingaro si innamorerà e di cui cercherà la salvezza con ostinazione e pervicacia.
Il ragazzo si divincolerà dal sentimento di gratitudine verso il medico, che lo ha risparmiato dalla morte ma la diffonde a piene mani intorno a sé, e alla fine…
Il contesto
Non tutti sanno che oltre ai sei milioni di ebrei i nazisti sterminarono nei campi di concentramento migliaia di dissidenti politici, di minorati psichici e fisici, di omosessuali e di zingari.
La storia ufficiale si è occupata poco delle sofferenze di questi ultimi, probabilmente perché non ha trovato tra di loro chi avesse sufficiente voce e volontà di grido.
Ci siamo meravigliati di sapere che tra i tantissimi morti nei lager nazisti ci siano stati ben 500mila zingari. Abbiamo allora voluto raccontare una storia che li celebrasse, soprattutto in un momento in cui vengono ancora una volta perseguitati
Il teatro, come a volte succede, corre in soccorso dei meno potenti, ed è questo il motivo de la farfala sucullo. Siamo convinti che la cultura offre conoscenza e può quindi muovere le coscienze, perché il razzismo nasce in maggior luogo là dove si ignora.
Lo spettacolo, premio “Teatro e shoà 2007”, cerca di mettersi in comunicazione con la diversità, tramite l’emozione della vicenda che narra e delle canzoni che la accompagnano, e cerca di essere in un questo momento oscuro un appiglio a chi ha voglia di credere che il razzismo non è mai una buona opinione.
Il metodo
In scena un narratore che con il contributo di canzoni originali alternerà parola e musica. Impersonerà uno zingaro che al suono della fisarmonica cerca elemosina, con ironia e imprevedibilità. Davanti a un pubblico riottoso giocherà la sfida di raccontarsi in cambio di una moneta, disvelando “i segreti del mestiere” e le peripezie di una dinastia che ha come segno distintivo un grosso neo a forma di farfalla, simbolo di una libertà che non vogliono cedere.
Lo spettacolo ha generato diversi laboratori teatrali nelle scuole della Provincia di Como.